Rischi per la salute, le mappe aggiornate sul gas radioattivo Radon nel Lazio
Alcuni ricercatori dell’Istituto Nazionale di Geofisica e Vulcanologia (Ingv) hanno pubblicato nuove mappe di dettaglio sulla pericolosità del Radon – un gas naturale radioattivo – nel Lazio. L’aggiornamento è frutto di un monitoraggio effettuato nell’ambito del progetto LIFE-Respire, di cui Ingv è partner, ed era importante per capire come tutelare al meglio la salute degli abitanti. Come spiega Ingv in un post sulla propria pagina Facebook, le “nuove mappe di dettaglio di 3 comuni nella regione Lazio mostrano che il tasso di incidenza dei tumori nelle aree analizzate ha una buona correlazione con le mappe delle fonti di radon legate alla composizione del suolo e delle rocce (potenziale geogenico): zone a medio ed elevato potenziale geogenico corrispondono a zone dove il tasso di incidenza dei tumori è più alto” . Le mappe non erano fini a se stesse. In un’intervista a TeleAmbiente Alessandra Sciarra, responsabile del Laboratorio di geochimica dei fluidi dell’Ingv di Roma, ha detto che i risultati di questo monitoraggio sono stati condivisi con le amministrazioni locali e che sono state date loro indicazioni anche per avviare una mitigazione.
Come si legge su un articolo pubblicato sul sito di Ingv, il radon è un gas radioattivo naturale prodotto dal decadimento dell’uranio presente nelle rocce e nel suolo. È incolore, inodore e insapore, motivo per cui non possiamo accorgerci della sua presenza, ma si muove in aria e in acqua ed è in grado quindi di diffondersi attraverso pori e fratture del suolo nell’atmosfera o all’interno degli edifici. Il radon, spiega l’Ingv, non è pericoloso quando si diffonde nell’atmosfera poiché in questo caso la sua concentrazione è bassa. Lo diventa però quando “penetra in ambienti confinati poiché tende ad accumularsi con il rischio di raggiungere livelli tali da poter rappresentare un rischio”. Più nel dettaglio, “il vero pericolo per la salute sono i prodotti del suo decadimento, ossia il piombo (Pb), il polonio (Po), il bismuto (Bi), anch’essi radioattivi. Infatti, una parte del radon inalato decade in questi elementi, che si legano alle particelle di polvere irradiando i tessuti polmonari e bronchiali”. Proprio per questo, l’Organizzazione mondiale della sanità considera l’esposizione al radon la seconda principale causa di tumori polmonari dopo il fumo. Consapevoli di questi rischi, i ricercatori hanno deciso di monitorare alcune aree prendendo in considerazione il potenziale geogenico, ovvero la velocità con cui il radon migra in superficie, sia lungo le faglie o direttamente emanato dal terreno. Il loro punto di partenza è stata la mappa di potenziale geogenico di radon della regione Lazio, pubblicata nel 2017. I ricercatori hanno poi selezionato tre aree con un potenziale geogenico diverso. Come ha detto la dottoressa Sciarra a TeleAmbiente, si trattava del comune di Caprarola in provincia di Viterbo a elevato potenziale geogenico, del comune di Cellino San Felice nel viterbese a medio potenziale geogenico e del comune di Ciampino vicino Roma a basso potenziale geogenico. A questo punto, i ricercatori hanno prima svolto delle indagini preliminari così da poter confermare quanto era stato rilevato nella mappa del 2017. Dopodiché, il team ha monitorato il radon indoor su base annuale effettuando misurazioni in oltre 250 siti scelti tra edifici pubblici e case private.
Le nuove mappe di estremo dettaglio risultanti dallo studio, riporta Invg, “hanno confermato i dati estrapolati dalla mappa regionale mettendo in evidenza le zone con basso potenziale geogenico di radon nell’area vulcanica dei Colli Albani a sud di Roma; le zone a medio ed elevato potenziale geogenico nella parte settentrionale del Lazio, rispettivamente nell’area dei Monti Vulsini e dei Monti Cimini” . Inoltre, “dalla sovrapposizione dei dati indoor con la mappa del potenziale geogenico del Lazio del 2017, è risultato evidente che nelle zone caratterizzate da un potenziale di radon medio-alto, (essenzialmente connesse a componenti geologiche) esiste una elevata probabilità di riscontrare concentrazioni di radon indoor superiori alla soglia di 300 Bq/m3 consigliata dalla direttiva europea e normativa nazionale. In questi casi, la dose di esposizione alla radiazione negli edifici a causa del radon indoor è superiore al livello raccomandato” . I ricercatori hanno infine preso questi dati e li hanno confrontati con la distribuzione dei casi riscontrati di tumore al polmone nella regione. Sulla base di questa analisi, hanno potuto valutare i rischi per la salute. Secondo gli studiosi che hanno lavorato al progetto, mappe come queste sono fondamentali per tutelare i cittadini e “questo approccio metodologico dovrebbe essere applicato su tutto il territorio nazionale, anche per allinearsi alla direttiva europea”
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Tratto da https://tg24.sky.it/